futile ma utile

l'Italia ha perso in finale. Un peccato sì, ma è stato bello sognare, come cantava l'Elvis-Solo nostrano.
A dirla tutta, e con questo chiudo la mia fase di patriottinite acuta, il calcio non è che m'interessi particolarmente, ma quello che in questa occasione ha suscitato sì. Il piacere e la fierezza di sentirsi italiana, ormai da tempo persi, li ho ritrovati in questa circostanza. Complice forse la quasi concomitante ufficializzazione della mia richiesta di naturalizzazione, oppure tutti i complimenti ricevuti da amici e conoscenti  olandesi per la bella prestazione della nostra nazionale, ma il  mio istinto di appartenenza si è fatto sentire per ricordarmi che io sono figlia di quella bella Terra e che non sempre me ne devo solo vergognare per lo schifo che purtroppo riflette. 
Per anni riposto in una cassapanca, il mio tricolore, dono di mio marito, non ha mai visto luce. In questi giorni sentendo forte il valore intrinseco della mia bandiera, l'ho voluta esporre e con orgoglio pure. Bandiera come simbolo solenne di appartenenza che unisce, richiama, rappresenta, al di là dei campanili. Che tutto questo sia il calcio a smuoverlo, qualcuno lo troverà blasfemo. Io dico ben venga ogni degna scintilla capace di riaccendere un fuoco ormai da tanto, troppo tempo spento. E da quello che leggo sui giornali, questo sano spirito nazionale sembra essersi ridestato anche nei miei compatrioti, il che non può mai fare male. 
Il Presidente della Repubblica se n'è fatto interprete, anche poco fa nell'incontro al Quirinale con i giocatori di ritorno da Kiev quando ha detto: «Quello che ho trovato molto bello in tutte le vostre prestazioni agli europei è stato l' affiatamento tra vecchi e nuovi, lo spirito di squadra, la comune determinazione e generosità». Poi ha continuato «tutti sapevamo che voi eravate partiti per i campionati europei non dimenticando quali tensioni e quali cadute avesse conosciuto e stia d'altronde ancora attraversando il mondo del calcio in Italia. E siete partiti con una squadra nazionale appena, con tanta sagacia, ricostruita e ancora in fase di assestamento e che ha davanti a sè ancora tanta strada da percorrere, come ha detto Prandelli, per cambiare ulteriormente, per rinnovarsi fino in fondo. E avete ottenuto dei risultati straordinari. 
(....) Dicevo, c'è molta strada da fare, c'è da cambiare ancora molto, abbiamo alle spalle dei momenti difficili e certe volte quando dico queste cose mi domando ma sto parlando del calcio o sto parlando dell'Italia? E badate bene che i discorsi si somigliano molto e in questo senso ha avuto anche un così grande significato e una così grande presa sull'opinione pubblica, sugli italiani la vostra straordinaria impresa». 
Già. Il calcio, lo sport per antonomasia degli italiani, con tutti i suoi chiari e molti scuri, come metafora di un intero Paese.
Riusciremo finalmente a scrollarci di dosso tutti questi parassiti velenosi e rinascere dando di nuovo dignità alla nostra Italia? In questi giorni ho creduto di sì e per ora tanto mi basta.
tratto da La Repubblica 01 luglio 2012 —   pagina 24, sezione: COMMENTI

Comments